lunedì 31 ottobre 2016

A2DA: Pericolosi pregiudizi sui Deficit Specifici di App...

A2DA: Pericolosi pregiudizi sui Deficit Specifici di App...: Pericolosi pregiudizi sui Deficit Specifici di Apprendimento  Stiamo operando una ricerca nel campo dei Deficit Specifici di Apprendime...
Pericolosi pregiudizi sui Deficit Specifici di Apprendimento
Stiamo operando una ricerca nel campo dei Deficit Specifici di Apprendimento e incontriamo,
oramai da 4 anni, resistenze e pregiudizi da parte del mondo scientifico e degli “Addetti ai lavori”.
Ci sentiamo in dovere di chiarire alcuni punti fondamentali in nome di quelle migliaia di bimbi in
difficoltà e delle loro famiglie che potranno beneficiare di un futuro più sereno se solo ci fosse un
minimo di disponibilità a prendere in esame i risultati che stiamo ottenendo. I nostri bimbi
migliorano autostima, padronanza esecutiva e prestazioni scolastiche esercitandosi e giocando in
modo mirato e, siccome è troppo banale pensare che ciò possa attenuare i loro deficit , ci viene
obiettato che i miglioramenti ottenuti non dipendono sicuramente dal rapporto tra disprassia e
dislessia.
Considerare la Comorbilità tra dislessia e disprassia come motivo di mancata interferenza tra i due
fenomeni è insensato, non corretto e tendenzioso. Insensato, in quanto se due fenomeni si
presentano simultaneamente ciò deve indurre a considerarli collegati e non a se stanti. Non
corretto scientificamente in quanto la presenza simultanea induce a cercare le cause della
comorbilità in oggetto. Potremmo cercare di attribuire al termine comorbilità il significato preciso
attraverso la scelta di alcuni sinonimi: compresenza, simultaneatità, interessamento
contemporaneo, contiguità, cointeressamento, probabile legame ma non certo con: estraneità,
disconnessione, fenomeno avulso… 
Tendenziosa è la volontà di separare ciò che i dati derivanti dall’osservazione dei casi presentano
uniti. Non ammettere l’evidenza può trovare la propria spiegazione nella metodologia di ricerca
basata su osservazioni eseguite con parametrici psicometrici eseguiti in studio ed orientati alla
misurazione fenomenologica del deficit, senza occuparsi delle difficoltà strutturali (visuo motorie,
prassiche e di organizzazione spazio-temporale) che originano il deficit. Che semplici educatori
motori lavorino in questo senso ottenendo risultati importanti utilizzando una metodologia di
riassetto coordinativo psico-motorio sulle funzioni chiave che stanno alla base dell’orientamento
spazio-temporale, della discriminazione delle forme e  della padronanza della coordinazione oculo-
manuale può disturbare chi, per mestiere, definisce, dignostica e utilizza un settore scientifico
come veicolo per la propria affermazione. 
Che i procedimenti della lettura, della scrittura di parole e numeri e del calcolo richiedano la
padronanza dei requisiti del riconoscimento delle forme, della loro successione nello spazio e dei
loro rapporti di collocazione reciproca è un dato di fatto che non necessita di dimostrazioni. Che gli
stessi processi necessitino di un corretto utilizzo delle funzioni visuo-motorie è ovvio. Che il
procedimento della scrittura richieda sicurezza nella coordinazione oculo-manuale e che una sua
alterazione possa causare DIS-grafia, DIS-lessia o DIS-calculia è altrettanto ovvio. Che lavorando
intensivamente sulla padronanza degli elementi coordinativi visuo motori, spaziali e lateralizzanti,
propriocettivi e di gestione di tono muscolare e fluidità ritmica sia utile a soggetti che manifestano
disprassie, mi pare naturale e altrettanto ovvio. Dovrebbero essere questi scienziati rigorosamente
rinchiusi nei loro studi a dimostrarci il contrario.  Quanto la “Motricità finalizzata” riesca a produrre negli allievi con DSA è perfettamente in linea non solo con l’impostazione del prof. P.
Crispiani ma anche con le indicazioni della Consensus Conferens svoltasi a Montecatini nel 2005:
“  Raccomandazioni per la pratica clinica definite con il metodo della Consensus Conference ”
Diagnosi funzionale.
L’approfondimento  del  profilo  del  disturbo  è  fondamentale  per  la  qualificazione  funzionale  del
disturbo. La valutazione delle componenti dell’apprendimento si approfondisce e si amplia ad altre
abilità fondamentali o complementari (linguistiche, percettive, prassiche, visuomotorie, attentive,
mestiche,) ai fattori ambientali e alle condizioni emotive e relazionali per una presa in carico globale 
Segni precoci
1.  Le  difficoltà  nelle  competenze  comunicativo-linguistiche,  motorioprassiche,  uditive  e
visuospaziali  in  età  prescolare  sono  possibili  indicatori  di  rischio  di  DSA,  soprattutto  in
presenza di una anamnesi familiare positiva. La pratica clinica evidenzia un’alta presenza di
comorbilità sia fra i disturbi specifici dell’apprendimento sia con altre condizioni cliniche
quali disprassie, disturbi del comportamento e dell’umore, ADHD, disturbi d’ansia, ecc.
A suffragio di quanto sto affermando riporterò varie citazioni del neurofisiolo Antonio Damasio:
“L’intera costruzione della conoscenza, dalle forme semplici a quelle complesse, dalla conoscenza
non verbale per immagini a quella letteraria verbale dipende dalla capacità di creare mappe di ciò
che accade nel corso del tempo dentro il nostro organismo, intorno al nostro organismo, al nostro 
e con il nostro organismo – una cosa dopo l’altra, che causa un’altra cosa ancora, all’infinito.” (1)
Ciò non è distante da quanto avviene nell’evoluzione del processo cognitivo del bambino: prima le
informazioni arrivano attraverso  i sensi, poi grazie alle esperienze ed al movimento ed  in terza
battuta  tramite  il  linguaggio.  Anche  Piaget  la  pensava  così  se  ha  scandito  le  fasi  dello  sviluppo
cognitivo  secondo  la  sequenza  SENSO  MOTORIA,  PREOPERATORIA  ed,  infine,  del  PENSIERO
OPERATORIO. Del resto ogni bambino per poter assimilare concetti come durezza, peso, misura,
contenuto, interno o esterno ad un recipiente o ad uno spazio, dimensione, confronto tra grandezze
diverse  ecc.  compie  un’infinita  serie  di  sperimentazioni  manuali  e  sensoriali  senza  le  quali  non
potrebbe astrarre e generalizzare. Il neuro-scienziato L. Cozolino afferma: ”La nostra esperienza
fisica ci offre dei modelli di movimenti corporei, relazioni tra oggetti e un senso di noi stessi nello
spazio – una specie di griglia sensoriale, motoria viscerale, che funge da infrastruttura per il nostro
pensiero che si sta sviluppando. (…) Concetti astratti legati al nostro corpo attraverso la metafora,
mettendo dunque in collegamento la nostra mente con il  mondo attraverso l’esperienza del nostro
corpo”.(2)
Un’altra obiezione che ci viene mossa è che i problemi di lateralizzazione non siano una delle cause
delle cause dei DSA. Sostenendo che queste “teorie” sono ormai superate. E allora come mail 3
dislessici su 5 (120 dei 190 che abbiamo seguito fino ad oggi) hanno sulla propria linea parentale dei
mancini,  molti  dei  quali  sono  stati  contrastati  ?  E  come  è  possibile  pensare  ad  una  buona
trasmissione neuronale in assenza di una corretta dominanza emisferica ? Abbiamo analizzato 8 casi scelti casualmente riscontrando nel 100% problemi di disforia visiva (difficoltà di coordinamento
della muscolatura oculare collegata a deficit posturale), inducendo un loro parziale recupero grazie
all’uso di palline rimbalzanti, racchette da ping pong e stimolazioni propriocettive.
 Dal 2009 abbiamo studiato, affiancato e abilitato circa 190 alunni con difficoltà prassiche e D.S.A.
ad oggi, elaborando un approccio educativo basato sull’abilitazione delle funzioni motorie chiave
che  stanno  all’origine  del  corretto  orientamento  spazio-temporale  necessario  ad  assolvere
efficacemente  il  compito  di  leggere,  scrivere,  incolonnare,  orientarsi  nelle  sequenze  ed  avere
quell’autonomia operativa che consenta di avere una buona immagine di sé, indispensabile per
attribuirsi la giusta autostima.
Le  7  funzioni  chiave  sulle  quali  operiamo,  stimolando  i  bimbi  i  modo  ludico,  conducono  alla
padronanza  dell’equilibrio,  alla  giusta  regolazione  tonica  (superamento  dell’ipotonia  o
dell’ipertonia caratterizzanti  le  forme disprassiche), al miglioramento della  coordinazione oculo
manuale ed alla fluidità coordinativa, all’ orientamento spaziale ed alla padronanza dei ritmi ed al
superamento delle varie  forme  di dislateralità (manuale,  oculare o mista), portando gli allievi a
consolidare la propria dominanza cerebrale attraverso l’avviamento ai vari sport lateralizzanti (ping
pong, tennis, basket, softball, giocoleria  ecc.).
I  risultati  ottenuti  sui  numerosi  casi  seguiti  sono  stati  confermati  da  ricerche  sul  campo  e
documentati in 3 tesi universitarie, su 2 testi pubblicati e su vari articoli apparsi su riviste didattiche
e  scientifiche.  Le  ultime  ricerche  inglesi,  nel  campo  della  dislessia,  parlano  di  diradazione  delle
magno  cellule  che  hanno  la  funzione  di  favorire  la  comunicazione  interemisferica  (Stein),  di
assottigliamento  della  corteccia  cerebellare  deputata  alla  gestione  dei  processi  coordinativi
(Fawcett), di comorbilità disprassia-dislessia (Consensus Conferens,Crispiani) e di assottigliamento
del corpo calloso che ha la funzione di favorire la comunicazione interemisferica attraverso le fibre
bianche  (Vellam).  Questo  non  significa  che  la  dislessia  e  la  disprassia  siano  forme  patologiche
organiche, significa che questi individui  hanno strutture organiche che sfavoriscono la gestione dei
processi  visuo-motori  e  ciò  è  all’origine  delle  loro  difficoltà  linguistiche,  spaziali  e  sequenziali.
Intervenire  precocemente  attraverso  un  mirato  training  motorio,  da  una  parte,  attenua
notevolmente le difficoltà scolastiche di questi ragazzi, dall’altra crea le condizioni per avere una
buona  immagine  di  sé.  D’altronde  gli  studi  sulla  plasticità  neurale  (Gastaldo,  Crispiani,  Vellam)
dimostrano la possibilità di aumentare le interconnessioni tra le cellule nervose grazie all’esercizio
ed al movimento. Inoltre le neuroscienze stanno svelando scenari ottimistici sull’interazione tra
osservazione-imitazione-padronanza delle sequenze e area motoria del linguaggio. Si tratta degli
studi sui neuroni specchio operati dalla prof. Craighero dell’università di Ferrara.   Non pensiamo sia
causale  che  quella  docente  individui  nell’area  di  Broca  la  maggior  concentrazione  di  neuroni
specchio, affermando che essa: “ non sembra essere l’ “area del linguaggio”, come viene affermato
da 150 anni, quanto l’area del mettere in ordine”.(3) 
  SI OSSERVANO I MOVIMENTI DEGLI ALTRI COME LE STESSE AZIONI DOVESSERO
ESSERE COMPIUTE DALL’OSSERVATORE
  SI VIENE ESPOSTI A STIMOLAZIONI SENSORIALI VISIVE, ACUSTICHE O OLFATTIVE
ASSOCIABILI AD AZIONI MOTORIE 
  PREATTIVAZIONE DELL’AREA MOTORIA PRIMARIA
  MAGGIORE VELOCITA’ NELL’ESECUZIONE MOTORIA FINALIZZATA
  APPRENDIMENTO DELLE SEQUENZE MOTORIE E LINGUISTICHE
  STIMOLAZIONE FUNZIONALE DELL’AREA DI BROCA                     
  Preparano a fare allo stesso modo
  Predispongono il soggetto ad essere efficace rispetto al fine da raggiungere
  Abituano a rispettare l’esatta sequenza cronologica delle azioni
  Facilitano l’ampliamento del “Vocabolario prassico”
  Utilizzano la medesima Area di Broca utilizzata per l’organizzazione del
linguaggio
“L’area di Broca (…) costituisce il centro nodale del sistema dei neuroni specchio nell’uomo, ossia
si attiva durante la visione di azioni eseguite dagli altri e anche durante l’esecuzione di movimenti
di bocca e mano”. (Pag. 100) Dai primi mesi di vita, al termine dell’infanzia il bambino
osserva, assimila, fa prove ed errori e si specializza sempre di più nell’eseguire i gesti
e le parole che gli consentiranno di soddisfare i propri bisogni e di raggiungere gli scopi
I NEURONI SPECCHIO SI ATTIVANO SE
LA LORO ATTIVAZIONE PRODUCE 
LA LORO FUNZIONE SEMBRA FINALIZZATA
ALLA FACILITAZIONE DELL’APPRENDIMENTO
IN QUANTO… che  si  prefigge.  Una  prova  indiretta  della  stretta  connessione  tra  osservazione-
sperimentazione motoria e linguaggio potrebbe essere l’alta percentuale di soggetti
con D.S.A. tra coloro che sono cresciuti all’interno di istituti nei quali non vi erano
sufficienti stimolazioni visive, linguistiche e motorie che le figure parentali forniscono
normalmente durante l’accudimento.
  ENTRAMBE RICHIEDONO SEQUENZIALITA’ TEMPORALE
  ENTRAMBE SONO ORIENTATE AL RAGGIUNGIMENTO DI UN FINE
  ENTRAMBE UTILIZZANO UN VOCABOLARIO
  ENTRAMBE UTILIZZANO L’AREA DI BROCA
  ENTRAMBE CRESCONO GRAZIE ALL’OSSERVAZIONE E ALL’ALLENAMENTO
  ENTRAMBE AIUTANO IL SOGGETTO A MUOVERSI SICURO NEL SUO AMBIENTE
  ENTRAMBE INCREMENTANO L’AUTOSTIMA
  ENTRAMBE UTILIZZANO PLURALITA’ DI DISTRETTI CEREBRALI CON FLUSSI
SINAPTICI COSI’ VELOCI DA DIVENTARE SUBLIMINALI AL NOSTRO STUDIO
  ENTRAMBE COINVOLGONO L’ALTRA FUNZIONE PARLANDO DEVO ARTICOLARE
PARTI CORPOREE, LEGGENDO DEVO AVERE COORDINAZIONE VISUO-
MOTORIA, MUOVENDOMI COMUNICO IN MODO NON VERBALE EVOCANDO
REAZIONI E SIGNIFICATI
“A proposito della percezione di mano, abbiamo detto che il vocabolario delle azioni formatosi
sulla base dell’esperienza motoria viene utilizzato non solo per pianificare accuratamente le azioni
che devono essere eseguite ma anche per tradurre direttamente in termini motori le azioni osservate
e poterle interpretare e prevederne le conseguenze. Per la percezione dei suoni linguistici, l’ipotesi è
esattamente la stessa: l’attivazione del nostro sistema fonatorio ci permette di comprendere e
prevedere i suoni linguistici dell’altro” (Pag. 96)
Il fatto che i neuroni specchio abbiano la loro collocazione prevalente sull'area del linguaggio e che
si attivino quando si pensa ad un movimento o lo si vede fare da altri, li etichetta come
elettivamente  connessi alla ns impostazione di lavoro.
ANALOGIE TRA COMPETENZA LINGUISTICA E COMPETENZA MOTORIA Pensare o osservare  un movimento significa strutturare il pensiero procedurale delle azioni
necessarie a raggiungere uno scopo. Il lavoro di pulizia e di ottimizzazione della viabilità neuro-
motoria che la “Motricità Finalizzata” attiva rende maggiormente fluide le connessioni e rimuove
gli ostacoli allo sviluppo del pensiero e delle operazioni mentali procedurali. 
Io concettualmente dico che progettare un movimento, vederlo agire da altri è una forma di
organizzazione sequenziale finalizzata, da cui mi sembra molto plausibile che funzioni affini siano
situate in aree che svolgono l'ordine procedurale linguistico, motorio o matematico.
Che 12 bambini dai 7 ai 12 anni siano migliorati bel 60 % delle aree scolastiche praticando i nostri
esercizi per  5 mesi e senza alcun  intervento logopedico, è  un fatto e in  quanto tale è un  dato
oggettivo.  Lo abbiamo dimostrato e documentato. (4) Il problema non è tanto aver ragione, quanto
considerare i costi sociali, etici e familiari della chiusura a questo nostro approccio metodologico, in
termini di mancata offerta di opportunità abilitative alla popolazione scolastica. La divulgazione
degli strumenti metodologici gratuiti che abbiamo messo in rete e la pianificazione di un progetto
formativo per docenti delle scuole d’infanzia, primaria e di scienze motorie avrebbe un inestimabile
valore in termini di prevenzione e di diffusione del benessere. (5) 
(1) A. Damasio, (99) ,“Emozione e coscienza”, Milano , Adelphi, pag. 229
(2) L. Cozolino, (08), “Il cervello sociale”, Milano, Cortina, pag. 76
(3) L. Craighero, (10), “Neuroni Specchio”, Il Mulino, Bologna, pag.103
(4) Lodi, Barbieri…, “Corporeità e difficoltà di apprendimento – Motricità e successo educativo”,
Brescia, La scuola, 2014
(5) Youtube: “Meno dislessia più corporeità” oppure “Comitato Vivere Insieme” (Autoformazione
docenti -  Prevenzione del disagio).




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